Cassazione civile, SEZIONE III, 16 luglio 2002, n. 10285
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Vittorio DUVA - Presidente - Dott. Ugo FAVARA - Rel. Consigliere - Dott. Renato PERCONTE LICATESE - Consigliere - Dott. Ennio MALZONE - Consigliere - Dott. Alfonso AMATUCCI - Consigliere - ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PAPAGNO PANTALEO UMBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell'avvocato BENITO PANARITI, difeso dall'avvocato ARCANGELO M CAFIERO, giusta delega in atti; - ricorrente –
contro
ENEL DISTRIBUZIONE SPA, con sede in Roma, in persona dell'Ing. Antonio DELLAFIORE, Direttore Distribuzione Puglia e Basilicata, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CLAUDIO MONTEVERDI 16, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE CONSOLO, che la difende anche disgiuntamente all'avvocato GIUSEPPE LIBRATTI, giusta delega in atti; controricorrente –
avverso la sentenza n. 312-99 della Corte d'Appello di BARI, emessa il 19-02-99 e depositata il 01-04-99 (R.G. 841-95); udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21-11-01 dal Consigliere Dott. Ugo FAVARA; udito l'Avvocato Arcangelo M. CAFIERO; udito l'Avvocato Gianfranco RUGGIERI (per delega Avv. Giuseppe CONSOLO); udito il P. M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo MARINELLI, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
Con citazione del 17.8.1985 l'ENEL conveniva dinanzi al Tribunale di Bari Pagano Umberto per sentirlo condannare al pagamento della somma di lire 54.201.642, oltre interessi e spese. Assumeva la istante società in citazione che il Pagano non aveva provveduto al pagamento del prezzo della energia elettrica relativa ai consumi effettuati nel periodo maggio '82- luglio '84.
Radicatosi il contraddittorio, il Pagano contestava il contenuto della domanda assumendo di avere pagato il consumo effettuato e di non dovere gli interessi. All'esito della fase istruttoria, il Tribunale con sentenza del 15.3.1995 condannava il convenuto al pagamento della somma di lire 54.206.642, oltre interessi convenzionali dalla domanda ed interessi anatocistici, al tasso legale, sugli interessi convenzionali maturati dal 19.8.1985 al 9.12.1993 a decorrere da tale ultima data. Spese di causa in favore dell'Enel.
Avverso detta sentenza proponeva appello il Papagno al quale resisteva l'Enel. La Corte di Appello di Bari con sentenza del 1.4.99 rigettava la impugnazione condannando l'appellante al pagamento delle spese.
Motivava, tra l'altro, la Corte che era stata specificamente approvata per iscritto la clausola di deroga alla competenza territoriale. Questa, anche se redatta a stampa, aveva separata ed autonoma collocazione nel contesto delle condizioni generali del contratto, onde doveva ritenersi rispettata la esigenza del contraente debole nello spirito di cui all'art. 1341 c.c..
Peraltro, detta clausola era stata richiamata sia con riferimento all'oggetto che con riferimento al numero d'ordine, di guisa che doveva ritenersi pienamente efficace. Quanto al dedotto difetto di legittimazione processuale dell'Enel, i secondi giudici ritenevano che, come da delibera del Consiglio di Amministrazione dell'Enel, in caso di impedimento del direttore di Compartimento i suoi poteri potevano essere esercitati dal vice direttore, poteri che dovevano ritenersi estesi anche alla rappresentanza processuale dell'Ente senza necessità di apposita previsione statuaria. In concreto, il fatto che la procura sia stata predisposta dal direttore compartimentale e poi, per suo impedimento sia stata sottoscritta dal vice direttore non ha incidenza sulla validità della procura stessa in quanto comunque conferita dall'Ente a persona che lo rappresentava in base al c.d. rapporto organico.
Evidenziavano, ancora, i secondi giudici che nel caso di errori di misura dei consumi ed, in particolare, di erronea fatturazione, come nella specie, trattandosi infatti di corrente industriale, occorreva moltiplicare i dati registrati dal contatore per dieci. Bene l'Enel aveva poi fatto successiva rettifica, la correzione dell'errore e la determinazione della differenza di somme dovute effettuate dall'Enel infatti non solo rientrano nei patti contrattuali, ma attenendo alla esecuzione del contratto e non ad errori di vizi della volontà formativa del contratto medesimo, ben potevano avere luogo in occasione della cessazione del contratto e fino alla prescrizione trattandosi di un diritto dell'Enel relativo al sinallagma del contratto stesso.
La Corte, da ultimo, riteneva legittima la condanna al pagamento degli interessi anatocistici e di quelli convenzionali a decorrere dalla messa in mora (notifica della domanda).
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Papagno affidandolo a sei motivi.
Ha resistito con controricorso l'Enel Distribuzione s.p.a., succeduta a Enel s.p.a..
Diritto
Con il primo mezzo di impugnazione il Papagno, denunziata la violazione degli artt. 1341, 1342, 1469 bis c.c., 18 e 20 cpc in relazione all'art. 360 n. 3 cpc, lamenta che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto rituale la competenza per territorio del Tribunale di Bari a decidere non essendo stata validamente approvata da esso ricorrente la clausola relativa alla deroga della competenza territoriale del Tribunale di Trani. Per conseguenza, erroneamente i secondi giudici hanno ritenuto competente il Tribunale di Bari e non quello di Trani ove è sorta e doveva essere eseguita la obbligazione dedotta in giudizio.
Si osserva in contrario che il requisito della specifica approvazione scritta che ai sensi dell'art. 1341 c.c. condiziona la efficacia della clausola di deroga alla competenza territoriale può dirsi soddisfatto anche attraverso la sottoscrizione, distinta da quella di approvazione delle condizioni generali del contratto, apposta dopo il richiamo, che può essere anche numerico o di titolo, alla clausola in questione, in quanto tale richiamo permette al sottoscrittore di conoscere il contenuto della clausola e non fa dubitare che la stessa sia stata adeguatamente sottoposta al suo esame anche se è riferito ad altre clausole onerose ed indicate separatamente attraverso riferimenti analoghi (cfr. Cass.
9998-90)-10086-01 sulla non retroattività dell'art. 1469 bis c.c..
La Corte distrettuale aderendo a tale principio, dal quale non vi è motivo di dissentire, correttamente ha ritenuto che l'approvazione da parte del Papagno delle condizioni generali del contratto ed, in particolare, dell'art. 14 fosse in armonia con lo spirito dell'art.
1341 cc II comma con la conseguente validità ed efficacia della deroga alla competenza territoriale essendo, in effetti, stato rispettato il principio di tutela del contraente più debole e tanto basta per sottrarre la denunziata sentenza alla censura del ricorrente.
Con il secondo mezzo di impugnazione il Papagno, denunziata la violazione degli artt. 75, 77 cpc in relazione all'art. 360 n. 3 stesso codice, lamenta che la Corte di Appello abbia trascurato di considerare che il giudizio era stato introitato dal direttore compartimentale dell'Enel Elio Colucci mentre la procura è stata sottoscritta da altre persone non aventi la rappresentanza processuale, nella specie un vice direttore del compartimento ed un direttore di settore.
Con il terzo mezzo di annullamento il Papagno, denunziata la violazione degli artt. 82, 83, 163 n. 6 cpc, 2702, 2703 cc in riferimento all'art. 360 n. 3 cpc, lamenta che la Corte di Appello abbia trascurato di considerare che, in concreto, non vi è la procura del direttore che ha agito come attore e non vi è procura dei vice - direttori Barbato e Vitto perché non sano direttori.
Le predette censure sono da disattendersi e vanno congiuntamente esaminate.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (SS. UU. 926-82) la rappresentanza processuale attiva e passiva dell'Enel che l'art.14 dello statuto dell'ente approvato con dpr 21.12.65 n. 1720 conferisce al direttore di compartimento nell'ambito della circoscrizione territoriale ed in relazione agli affari di sua competenza, deve ritenersi automaticamente estesa al vice direttore di compartimento per il caso di assenza o impedimento del primo integrando ciò una conseguenza naturale dell'attribuzione a detto vice direttore della qualità di vicario per l'espletamento sia pure in via secondaria e con il ruolo di supplenza delle stesse funzioni del titolare dell'ufficio. L'esercizio di tale potere di rappresentanza processuale da parte del vice direttore di compartimento non è poi soggetto, dopo la entrata in vigore di detto statuto, alle limitazioni in precedenza fissate dalla delibera del consiglio di amministrazione atteso che le disposizioni di tale delibera hanno carattere interinale e restano caducate per effetto dell'approvazione dello statuto stesso.
Nella motivazione della sentenza impugnata la Corte distrettuale ha rilevato che tra il direttore compartimentale o vice direttore e l'Enel non esiste una rappresentanza intersoggettiva, come tra due soggetti giuridici distinti secondo la disciplina del codice civile, trattandosi invece, di rappresentanza organica: il direttore o vice direttore è, quindi, organo attraverso cui l'Ente esprime direttamente all'esterno la sua volontà secondo una forma di completa immedesimazione della persona fisica (organo) nell'Ente.
Consegue che nonostante la diversità delle persone fisiche che nel momento specifico rappresentano organicamente l'Ente, la volontà espressa è non solo direttamente quella dell'Ente, ma si esprime sempre attraverso lo stesso organo rappresentativo (ufficio, qualunque sia la persona fisica in quel particolare momento abilitato alla rappresentanza).
Nella specie, il fatto che la procura è stata predisposta dal direttore compartimentale e poi per impedimento o assenza di quest'ultimo è stata sottoscritta dal vice direttore congiuntamente al direttore di settore nessuna incidenza ha sulla validità ed efficacia della procura stessa essendo questa direttamente conferita dall'Ente a nulla di poi rilevando la diversità delle persone fisiche intervenute nell'attività negoziale essendo esse parimenti organo rappresentativo dell'Ente in base al c. d. rapporto organico.
La Corte barese ha, in definitiva, ritenuto valida ed efficace la procura "ad litem" dell'Enel suffragando la decisione con motivazione ampia e corretta, tra l'altro evidenziando che il Papagno non aveva provato che l'ufficio fosse stato assunto dal vicario in contrasto con la situazione legittimante (cfr. Cass.15820-00 in tema di onere probatorio).
Con il quarto mezzo di annullamento il Papagno, denunziata la violazione degli artt. 1559, 1561, 1562, 1218, 1219 c.c., nonché la insufficiente motivazione della sentenza con riferimento, rispettivamente, ai numeri 3 e 5 dell'art. 360 cpc, lamenta che la Corte di Appello abbia trascurato di considerare che la domanda dell'Enel si fondava su clausola di un contratto non più in corso per cui diritti ed obblighi si erano estinti onde non vi era alcuna azione contrattuale da spiegare, al più poteva essere proposta una azione di arricchimento senza causa ma non anche un'azione contrattuale scaturente da un contratto non più esistente.
Si osserva in contrario che la Corte del merito ha rilevato che, in concreto, si è verificato il caso di errore di fatturazione posto che, trattandosi di corrente industriale, la taratura dei meccanismi di registrazione è fatta in modo da registrare solo un decimo del consumo effettivo, onde i dati andavano moltiplicati per dieci il che l'Enel non aveva fatto.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (9889-91) con riguardo al contratto di somministrazione di energia elettrica, l'errore di fatturazione nel quale sia incorso il somministrante nella indicazione del corrispettivo nella relativa bolletta attenendo non alla formazione del consenso, ma alla esecuzione del contratto non ne comporta l'annullabilità incidendo solo sulla prestazione pretesa dal creditore al quale è, pertanto, consentito di rettificare la richiesta divergente dai dati reali e di pretendere la parte del corrispettivo non percepito e non solo un indennizzo nei limiti dell'ingiustificato arricchimento del destinatario della somministrazione. A tale principio i giudici di appello si sono adeguati laddove hanno affermato che la richiesta di differenza di somma dovuta per effetto della correzione dell'errore non solo rientra nei patti contrattuali, ma attenendo alla esecuzione del contratto, può essere fatta anche dopo la cessazione del contratto stesso trattandosi di un diritto dell'Enel che trova origine nella reale prestazione effettuata. La motivazione della Corte barese, oltre che esaustiva, è in armonia con i principi affermati da questa Corte, onde sfugge ad ogni critica.
Con il quinto mezzo di impugnazione il Papagno, denunziata la violazione degli artt. 1218, 1219, 1224 cc in relazione all'art. 360 n. 3 cpc, lamenta che la Corte di Appello abbia accordato gli interessi omettendo di considerare la insussistenza di colpa nell'inadempimento, essendo il ritardo, se mai, attribuibile all'Enel.
Si osserva in contrario che correttamente gli interessi sono stati posti a carico del Pagano dalla messa in mora e, quindi, dalla domanda vertendosi in tema di debito di valuta.
Con il sesto mezzo di impugnazione il Pagano, denunziata la violazione dell'art. 1283 cc in relazione all'art. 360 n. 3 cpc, lamenta che la Corte di Appello abbia erroneamente accolta la domanda dell'anatocismo occorrendo al riguardo una domanda appositamente diretta ad ottenere degli interessi sugli interessi già scaduti.
Peraltro, assume, ancora, il ricorrente, al momento della domanda non vi era mora, nè inadempimento per cui non dovevano decorrere interessi anatocistici che presuppongono che gli interessi siano scaduti.
Si osserva in contrario che, come si evince dalla sentenza impugnata, gli interessi anatocistici sono stati richiesti con la domanda introduttiva e concessi ogni sei mesi a decorrere dalla domanda, pertanto, con puntuale applicazione di quanto previsto dall'art. 1283 cc ed a prescindere dalla necessità di apposita domanda, come vorrebbe sostenere la parte ricorrente.
In definitiva, la sentenza impugnata non merita le censure ad essa rivolte.
Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione
P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 21.11.2001